Ma chi te lo fa fare?

Perché ho scritto Stibia?

C’è un aforisma di Alessandro Baricco che fa parte di me da così tanto tempo da darmi l’impressione di esserci nato: “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”.

Ecco: un giorno ho sentito che quella storia da raccontare avevo voglia di scriverla io. Da zero e a modo mio.

Può sembrare poco, o banale, ma il motivo è tutto qui.
Raccontare una storia.

Ho sempre avuto questo desiderio, ed ogni volta in cui mi ero trovato a narrare qualcosa mi sentivo a mio agio, perfettamente allineato, corpo e mente, con quello che sentivo essere bello e giusto per me.
Certo, si trattava per lo più di storie inventate per i bambini, o di avventure per giochi di ruolo.
Un romanzo è evidentemente un'altra cosa.
Eppure, poi non così tanto diversa come si possa immaginare.

Le cose da sapere e da tenere in considerazione sono sempre le stesse.
Solo, di più.

Prima di iniziare ho studiato: tecniche di scrittura creativa, le chiamano. 
Scienze esatte che si possono sintetizzare in un aforisma che ho letto non so dove e non so quando: "I segreti per un ottimo romanzo sono solo tre. Solo che nessuno li conosce".

Torniamo al perché, quindi.
Alla motivazione.
Quella che fa scrivere alle 5.30 di ogni mattina di ogni weekend per un anno.
Avevo trovato una storia, e mi andava di portarla a galla, arrivando fino in fondo.

Si, perché come dice Stephen King in "On writing", le storie sono come fossili: ad uno scrittore spetta il compito di portarle alla luce, alla loro originaria bellezza: nulla più.
E' una metafora che adoro e che, almeno nel mio caso, sebbene con risultati molto diversi rispetto al suo autore, ho cercato di applicare scrivendo Stibia.